Il Prato Macchiato Di Rosso (1972)

 

Un film di Riccardo Ghione con Lucio Dalla (egli scrisse, inoltre, la colonna sonora del film, fu anche autore della canzone che apre e chiude il film, e che reca il titolo omonimo), Dominique Boschero, Marina Malfatti, Enzo Tarascio, Daniela Caroli, Claudio Biava, Femi Benussi, Barbara Marzano, Nino Castelnuovo, George Willing. Genere Horror produzione Italia.

Actors : MARINA MALFATTI, ENZO TARASCIO, DANIELA CAROLI, GEORG WILLING, CLAUDIO BIAVA, BARBARA MARZANO, FEMI BENUSSI, DOMINIQUE BOSCHERO, LUCIO DALLA
Director Of Photography ROMOLO GARRONI (A.I.C.)
Composer TEO USUELLI
Companies CANGURO CIN.CA
Durata 92 minuti circa.

Gli effetti speciali utilizzati nel film, ad esempio la doccia da cui fuoriesce sangue (in vero mescolato con vino, per la delizia dei due ragazzi) sono opera di Bobby Betta, padre di Stefano P. Betta. Il film fu girato interamente a Fiorenzuola d’Arda e Castell’Arquato nel piacentino.

Trama del film. In una villa situata nelle ridenti campagne piacentine, il dottor Antonio Genovese, sua moglie Nina e suo cognato Alfiero hanno allestito un laboratorio segreto per dar vita ad un “essere perfettissimo” ricavato dai cadaveri degli incauti vagabondi che occasionalmente accettano la loro ospitalità. Il mostro sta già prendendo forma ed aspetta soltanto di essere animato dal sangue delle vittime che il previdente scienziato ha avuto cura di imbottigliare, riempiendo l’intera cantina. Una prostituta, una zingaza, un alcoolizzato e due giovani hippie che fanno sosta nella sinistra magione sono le prossime vittime designate…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Recensione da CentralDoCinema.it

Un agente dell’UNESCO (?!?), scopre con stupore, che in una bottiglia, di una nota azienda vinicola italiana, vi è imbottigliato – anzichè vino – del sangue….
Nel frattempo, nei dintorni di Piacenza, due giovani hippies chiedono un passaggio ad un distinto signore, che li ospita in una villa, dove vive assieme a sua sorella e al marito di lei.
I due giovani, notano che oltre a loro, vengono ospitati un ubriacone, una zingara ed una prostituta…..ma la padrona di casa, li rassicura dicendogli che amano circondarsi di tante compagnie.
In realtà i padroni di casa nascondono, sotto l’apparenza di un’azienda vinicola, un “mostruoso” ( ! ) macchinario succhiasangue……

Girato nel 1972, ma distribuito solo nel 1975, “IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO”, si rivela una “piccola perla”, per gli amanti del “demenziale” ,oltre ogni limite.
D’accordo – potrà risultare inguardabile – ( anche sotto il profilo tecnico – registico ) ma non possiamo negare, che nella pellicola, si annidi qualcosa di assolutamente geniale – per intenderci; “IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO” è uno di quei film, che potrebbe ma non può!
Con questo non si può certo gridare al capolavoro, ma allo stesso tempo il lavoro di Ghione, non andrebbe neanche preso sottogamba, ma casomai visto in un’ottica – distaccata da un lato ( lasciandosi andare completamente alle immagini, dominate da un’estetica del “kitsch”- al limite della ricercatezza)  e attenta dall’altro : Ghione infatti, costruisce una vicenda in cui parrebbe che la stupidità ( voluta in questa caso ! ) e la comicità involontaria costituiscono l’ingrediente principale de “IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO”.
Ma è proprio da questi ingredienti controproducenti per un horror ; che l’opera di Ghione si ritaglia un suo preciso “spazio” o “nicchia” nel panorama del thriller italico, rivelandosi come una sorte di “denuncia” verso quella borghesia che ( metaforicamente )”succhia” avidamente la vita dagli emarginati – siamo dunque dalle parti di “Hanno cambiato faccia” di Corrado Farina o de “La corte notte delle bambole di vetro” di Aldo Lado.
Ma l’ottica o la logicità, in cui “IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO” si muove, è un percorso dove il “kitsch” diventa l’elemento fondamentale dell’intera vicenda – facendo sospettare l’idea – che lo stesso regista lo accetti fino in fondo, subliminando l’idea in cui il “BRUTTO” diventa “BELLO” – trasformando l’intera vicenda – in un “geniale” sberleffo ai “danni” dello spettatore stesso – e difatti Ghione sembra quasi divertirsi a girare nel migliore del peggiore dei modi una vicenda in cui gli attori vanno e vengono – a seconda del capriccio del regista – in situazioni dove “il non capibile” ( ossia il non comprendere la necessità di alcune sequenze, in funzione alla narrazione della vicenda ) e l’assoluta “follia” di alcuni raccordi ( come ad esempio la sequenza in cui un hippy facendosi la doccia, scopre con stupore che dal rubinetto non sgorga acqua, ma vino !? ) rendono il lavoro di Ghione, qualcosa di assolutamente imperdibile, per quel pubblico che ama “L’INDEFINIBILE” ( in senso positivo ) il non “RICONOSCIBILE” .
“IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO” rappresenta quel tipo di film che sfugge a qualsiasi classificazione o regola….e si colloca casomai, in una sorte di immaginaria “anarchia”, che pone lo spettatore in una posizione di assoluta subordinazione – della serie – “….prendere o lasciare!”

SCENA CULT: Praticamente tutte quelle in cui compare Lucio Dalla, nel ruolo di un ubriacone perennemente attaccato ad una bottiglia di vino, che con aria quantomai stranita, sembra non capire nulla di ciò che gli accade intorno ( urla e omicidi compresi ).

Mirco Sassoli

Sfuggente, volutamente retorico e sopra le righe. Disperso per lungo tempo e poi, per fortuna, ritrovato per una nuova edizione home video.

Dietro alla produzione e distribuzione di “rosso piacentino” si nasconde un insolito traffico di sangue (non vino, ma sempre rosso è  il liquido)…

Una coppia di autostoppisti disinibiti viene ospitata nella tenuta di un possidente locale, praticata anche da un barbone ubriacone  (Lucio Dalla all’epoca in ascesa grazie a Sanremo). Frattanto un ispettore dell’Unesco (?!) si avvicina alla villa, all’interno della quale uno strano macchinario viene utilizzato per dissanguare vittime che lo sono due volte: prima della Società, poi di un trafficante di sangue umano …

Girato a Fiorenzuola d’Arta e Castell’Arquato, facendo ricorso a comparsate locali (molti di una enoteca piacentina), Il prato macchiato di rosso è film stravagante e inusuale anche per l’epoca, ovvero il 1972/1973. Principalmente a causa di una sceneggiatura delirante e ben poco plausibile, che mescola confusamente tematiche gialle e quasi horror a blandi ed elementari contenuti politici, al solito manichei: il ricco che sfrutta “anche” il sangue degli emarginati e i disadattati e vagabondi libertini “figli dei fiori”.

Stranamente però, proprio per questo inusuale canovaccio con presenza di robots tentacolari che aggrediscono fanciulle indifese, ubriaconi che intuiscono e non reagiscono, prostitute ben liete di presenziare nella villa di un altolocato, Il prato macchiato di rosso acquista un valore che trascende il genere stesso. In forza di un cast azzeccato (un qui allucinato Dalla, il professionale Castelnuovo -che pure sembra credere in quel che dice!- e un discreto parco femminile), di una poderosa colonna sonora (il film apre e chiude con una canzone eseguita dal cantautore bolognese esclusivamente per il film) valorizzata da un bellissimo e malinconico tema opera di Teo Usuelli(sua anche la soundtrack del film Alla ricerca del piacere), di una regia tutt’altro che sprovveduta e delle buone location dell’entroterra emiliano, il film di Ghione assume un certo fascino e una posizione di certo rilievo nell’ambito del cinema bis italiano. Sarà forse anche per un titolo così particolare, quando non per il fatto che a lungo è rimasto inedito (e anche in principio, a parte una proiezione piacentina in loco, vide la distribuzione nazionale dopo tre anni dalla realizzazione, nel 1975).

Per concludere, in una ipotetica proiezione dedicata alle “derive” del giallo italiano, Il prato macchiato di rosso non stonerebbe affatto al fianco de Il delitto del Diavolo (Le regine), La morte ha fatto l’uovo e Hanno cambiato faccia

(firmato undying)

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