Il Neorealismo Italiano

Così come spesso è dura la vita,

Così come tante volte è dolce/amara,

Così come la realtà è…

MG

Il Neorealismo è stato un movimento culturale nato e sviluppatosi in Italia durante il secondo conflitto mondiale e nell’immediato dopoguerra (negli anni compresi tra il 1945 e il 1950-52), e che ha avuto dei riflessi molto importanti sul cinema contemporaneo. I canoni fondamentali del movimento prevedevano trame ambientate in massima parte fra le classi disagiate e lavoratrici, lunghe riprese all’aperto e attori non professionisti per le parti secondarie e preferibilmente anche per le principali. I film dovevano trattare sopratutto la situazione economica e morale del dopoguerra italiano, e riflettere i cambiamenti nei sentimenti e le condizioni di vita: speranza, riscatto, desiderio di lasciarsi il passato alle spalle e di cominciare una nuova vita, frustrazione, povertà, disperazione. Per una maggiore fedeltà alla realtà quotidiana, nei primi anni di sviluppo e di diffusione del neorealismo i film vennero quindi girati in esterno, sullo sfondo delle devastazioni belliche; d’altra parte gli studi cinematografici che erano stati il centro della produzione cinematografica italiana, ossia Cinecittà, erano stati occupati dagli sfollati sino dall’immediato dopoguerra, risultando quindi indisponibili ai registi.

I primi film neorealisti proponevano storie contemporanee ispirate a eventi reali e spesso raccontavano la storia recente come “Roma città aperta” di Roberto Rossellini, epopea della Resistenza, grazie all’alleanza tra comunisti e cattolici a fianco della gente.

L’attenzione fu poi rivolta ai problemi sociali, come in “Ladri di biciclette” di Vittorio De Sica, in cui il dramma di un operaio rappresenta la durezza della vita nel dopoguerra. La denuncia del disagio sociale è ancora più forte nei film “Riso amaro” di Giuseppe De Santis e “La terra trema” di Luchino Visconti. In definitiva il Neorealismo porta sullo schermo tutto ciò di cui il fascismo non ammetteva l’esistenza: la povera gente, le donne del dopoguerra, i conflitti sociali, le prostitute, gli emigranti, … Anche da un punto di vista linguistico il Neorealismo porta delle innovazioni: la riscoperta delle lingue e dei dialetti che il nazionalismo fascista aveva bandito. Nei capolavori di Rosselli, De Sica, Visconti il tedesco, l’inglese, i dialetti regionali assumono la stessa dignità della lingua ufficiale italiana, e termini dialettali o persino stranieri compaiono nei titoli (Sciuscià, Paisà, Okey John!).

Ma non soltanto tecniche cinematografiche particolari (riprese dal vero, attori di strada) o l’apertura a tutti i linguaggi o certi contenuti scelti e sviluppati secondo un canone predefinito devono essere considerati quali esclusivi elementi caratteristici del Neorealismo; è neorealismo il comune atteggiamento di fronte alla nuova realtà che gli eventi bellici hanno generato e il comune spirito nell’indagare le vicende collettive, quale passaggio obbligato per avviare un processo di rinnovamento e ricostruzione, morale, sociale ed economico, del paese. In questo senso ciascun regista o sceneggiatore mostrerà una propria sensibilità e visione della realtà e dei suoi problemi, e tutti coloro che aderiranno a questo movimento e altri che ai suoi canoni si ispireranno, consapevolmente o meno, contribuiranno con le loro opere alla rinascita del Paese.

Ma a parte il periodo classico, di maggior fulgore del movimento, i primi sintomi del Neorealismo si evidenziano agli inizi degli anni ’40, mentre l’Italia si trova impegnata in guerra; film come “Quattro passi tra le nuvole di Alessandro Blasetti, “I bambini ci guardano” di Vittorio De Sica, Ossessione di Luchino Visconti o Avanti c’è posto e “Campo de’ fiori” di Mario Bonnard esprimono l’esigenza di un nuovo contatto con la vita reale, soprattutto delle classi meno abbienti o povere, distaccandosi dall’atmosfera patinata ed irreale dei film “dei telefoni bianchi” e dalla loro rappresentazione edulcorata della realtà quotidiana. Ma anche in alcuni film del regime si intravedono i segni del cambiamento: sono soprattutto quelli diretti dal Tenente di Vascello Francesco De Robertis, quali “Uomini sul fondo”, “Alfa Tau”, “La nave bianca”, che girati con equipaggi dal vero (sommergibilisti, avieri, marinai) sui loro mezzi di guerra volevano raccontare l’abnegazione ,il senso di dovere e l’amor patrio di questi uomini; tutto in maniera documentaristica e senza retorica militare, cosa abbastanza inconsueta per quegli anni. Da notare per ultimo che è impossibile definire cronologicamente una data che segna la fine del Neorealismo; con una punta di scherno agli inizi degli anni ’50 si incomincia ad etichettare di Neorealismo rosa quei film che non rappresentando più lo stato di povertà ed arretratezza della società  danno una rappresentazione meno drammatica della vita ed argomentazioni più lievi, secondo lo stile della commedia.

Inutile sottolineare che, allontanandosi dagli anni bui del dopoguerra, questa evoluzione del cinema è abbastanza naturale e che, comunque, l’esperienza del Neorealismo influenzerà nel prosieguo molti dei giovani registi che si erano formati in quegli anni.

E’ significativa al riguardo l’intervista rilasciata da Mario Verdone a Paolo Mattei [13] in cui alla domanda: “Fino a quando si può parlare di neorealismo nel cinema?” rispondeva: “Qualcuno dice che il neorealismo dura circa cinque anni, da “Roma città aperta” del ’44-45 a “Umberto D” del ’52. Io non sarei così categorico nelle definizioni cronologiche. Ci sono pellicole successive, come “Accattone” del ’60 e “Mamma Roma” del ’62 di Pasolini, o “Le mani sulla città” del ’62 di Francesco Rosi, che non sono certo più connesse ai temi della guerra e della resistenza, però sono legate alla vita vera, popolare o piccolo borghese, e quindi in questo senso sono ancora film neorealisti. Ermanno Olmi con “Il posto” del ’61, un film sui giovani disoccupati, ha un debito enorme col neorealismo. Che dire, per portare altri esempi, del Generale Della Rovere di Rossellini, girato nel ’59, o della “Ciociara” di De Sica del ’61? Anche questi film a mio modo di vedere appartengono alla stagione neorealistica, pur essendo a stretto rigore cronologico opere tardive, per l’osservazione disincantata della realtà di cui sono portatori. E, per avvicinarci ancora di più al nostro tempo, lei crede che, senza l’esperienza del neorealismo, Olmi avrebbe potuto girare nel 1978 il capolavoro “L’albero degli zoccoli”? Io credo di no”.

Anche la distinzione tra film “neorealisti” ed “altri” è ardua e per certi versi, se si escludono poche decine di film unanimamente riconosciuti come tali, arbitraria. Già nel 1974 in un convegno sul Neorealismo svoltosi a Pesaro durante la X Mostra Internazionale del Nuovo Cinema si riconosceva come fosse difficile stabilire quali film fossero ascrivibili a questa corrente, poichè una specificazione univoca di Neorealismo non era agevole da dare; le considerazioni critiche erano, e continuano ad essere, le più diverse tra loro.

L’individuazione dello spartiacque andava ricercata secondo criteri puramente estetici o piuttosto secondo caratteriste che afferivano alla sfera dell’etica, o con un mix di entrambi?

Il critico cinematografico Alberto Farassino in un saggio del 1989: “… è impossibile trovare l’esatta linea di demarcazione fra questa area e quella dei film che certamente e in nessun modo, e in nessun loro fotogramma neorealisti non sono. Ma soprattutto per verificare le mille, fantasiose possibilità di combinazione e intreccio che il cinema e i suoi testi sanno realizzare fra i sistemi e le regole in cui si muovono. Si può dire che se sono pochi i film e gli autori che aderiscono pienamente e con convinzione al progetto neorealista sono pochissimi quelli che non ne restano occasionalmente, per lo spazio di un anno, di un film, di una sequenza, conquistati e influenzati. Così che si può affermare che – se certamente il neorealismo non è tutto e nemmeno la parte preponderante del cinema italiano del dopoguerra – senza di esso quasi tutto questo cinema sarebbe certamente stato molto diverso”.

P.S.  Ho scelto di limitare i “dintorni” della stagione  neorealista alla fine degli anni ’50 e di includere nell’album, oltre a film generalmente riconosciuti come tali, anche altre pellicole che, risentendo in varia misura degli influssi di questa corrente, hanno ben  descritto le vicende e il clima socio-politico-economico di quel periodo storico, o hanno rievocato i momenti della resistenza e le lotte partigiane, o che comunque, anche con una descrizione più psicologica che epica dei personaggi o della realtà (Rossellini, Antonioni, n.d.r.), hanno saputo esprimere i sentimenti o le abitudini di una classe sociale.

Nelle schede dell’album, ciascuna dedicata ad un film, è riportata una breve sintesi della trama e qualche cenno a recensioni critiche o curiosità volte a cogliere le particolarità della pellicola in riferimento al contesto in cui è stata realizzata; del film considerato sono inoltre mostrate foto, manifesti o locandine della collezione.

neorealismo_img_2aneorealismo_img_1aneorealismo_img_6a

neorealismo_img_5aneorealismo_img_4aneorealismo_img_0aneorealismo_img_3a

L’importanza dell’operatore nell’elaborazione del realismo.

di Edoardo BRUNO

Pubblicato s il N° 9 Dicembre 1953 “Bollettino Tecnico AIC

Il congresso dedicato al neorealismo che si è tenuto a Parma il mese scorso, ha dimostrato ancora una volta, la vitalità di questa corrente, divenuta oramai una scuola di etica, un modo di vedere la realtà con occhi nuovi, una maniera, soprattutto, di intendere le cose, lasciando una testimonianza più fervida nella società. Neorealismo come narrativa, come maniera di essere presenti, dunque, come un invito a non ripiegare su se stessi ma di muoversi in direzione dell’uomo, cioè umanesimo.

Non è quindi solo un modo di esprimersi il neorealismo- chè altrimenti la differenza di stile riscontrabile, poniamo , tra la Terra trema e Paisà, potrebbe avallare l’annullamento del genere neorealismo, nel senso in cui mi scriveva l’anno scorso Ragghianti : “debbo dirle schiettamente che non saprei come fare a redigere uno scritto sul realismo, cioè su cosa di cui tanto si parla e si scrive, ma della cui consistenza reale non riesco a rendermi conto dato che le produzioni contrasegnate con questa etichetta a me sembrano diversissime tra loro e non accumulabili, se non per caratteri generici o di mero contenuto o materia” ; non è, dunque, un modo di esprimersi, ma un modo di vedere le cose. (Vedere, che significa in altre parole, comprenderle.). Ecco dunque, come, proprio partendo dalla posizione del neorealismo – cioè da una posizione di idee ben precise e viva oggi nel nostro cinema – si giunga alla comprensione migliore del significato di cinema, arte di collaborazione. Nella polemica circa l’autore del film, si sentono rivendicare troppi meriti di paternità e da anni non ci si è messi ancora d’accordo completamente (vedi l’anno scorso a Venezia durante il convegno deglia autori del film) : hanno ragione un po’ tutti se non si tiene presente come nel cinema è la posizione  collettiva che conta, dato che il film nasce appunto dall’apporto di una  collaborazione generale cui un’idea base conferisce unità e rigore.
É una polemica complessa che investe probabilmente tutta l’estetica idealistica. Qualcosa comunque in questo senso critico s’è già fatto : e non c’è oggi studioso più o meno rigoroso che non tenga presente nella sua analisi critica, l’apporto che un operatore ha avuto nella collaborazione con il regista. I binomi sono divenuti oramai ovvie citazioni, Eisenstein-Tissé, Pukovkin-Golovnia…
Nel parlare di neoralismo, come scuola vitale del cinema italiano, non dovrebbero quindi trascurarsi quelle considerazioni che tendono a rivendicare il merito nell’elaborazione di uno stile anche a questo o a quell’operatore. La collaborazione Tonti-Visconti sorti Ossessione, sorti’ cioè, il primo esempio concreto di realismo del nostro cinema, che fu già impegnato al neorealismo, come gli esempi di Assunta Spina e Sperduti nel buio (1914-15) sufficientemente dimostrano. Craveri e Blasetti dettero Un gorno nella vita, una delle opere più belle e poeticamente impegnatedi un regista versatilee per solito discontinuo ; lo stile di quel film nasceva proprio dalla lenta, precisa, luminosa, osservazione della realtà, l’occhio di Craveri meticoloso e avido di sensazioni precise, riusciva bene a cogliere nella realtà l’evidenza poetica.
E cosi’, esempi ad esempi si puo’ giungere all’occhio-Arata che riscopriva Roma dall’alto dei suoi tetti guidato dalla poetica esuberanza di Rossellini. Nasceva lo stile più immediato e “bruciato” della scuola italiana, lo stile di Roma città aperta.
Chi potrà mai dire con certezza dove finisce l’arte sapientissima di Visconti nel comporre uno stile e dove ha inizio duella di Aldo in La terra trema ? Legate intimamente tra loro le immagini hanno creato un racconto, hanno rivissuto un classico della narrativa italiana.
Altri esempi il lettore potrà cavarli fuori dalla memoria, traendoli dai suoi film preferiti : accanto al regista, dietro la macchina da presa, l’occhio vigile dell’operatore, si sforza di interpretare la realtà, di cogliere la vivida poesia dell’immagine, di rendere tattile la sensazione fantastica. Di piegare al racconto i fatti incontrati, di tradurre il racconto elaborato?. E anche di rendere “racconto”, cioè elaborazione, l’impressione immediata, registrata come in un taccuino di viaggio ; e e a testimonianza basterà ricordare Magia verde di Napolitano e Creveri ; quel Brasile, che nonostante la sua realtà, resta l’invenzione più poetica apparsa sullo schermo del Festival di Cannes 1953, quel festoso ballo della Macumba, l’accorata storia del cercatore di caucciù, il meraviglioso sposalizio nel villaggio.
Edoardo Bruno ©

———————————————————————-

Questo articolo interessantissimo realizzato dagli studenti dell’ Istituto  BODONI, Istituto di Istruzione Superiore per le Arti Grafiche e  Fotografiche (con sperimentazione in Linguaggi multimediali) a Torino, http://www.istitutobodoni.it/.

Ringrazio il Prof. S. Cicciotti per avermi permesso di utilizzare questo lavoro realizzato dagli studenti dell’Istituto. Che tutto il materiale raccolto possa essere utile per una conoscenza più approfondita del cinema italiano in generale e del neorealismo in particolare, augurandoci che nuovi talenti si sviluppino e trovino materia sulla quale construire un nuovo cinema.

IL    Neorealismo Cinematografico

Unità didattica n.5

Il movimento cinematografico neorealista, “l’école italienne de la Libération” secondo una famosa espressione francese, sorse in Italia negli anni Quaranta. Riassumiamo alcune caratteristiche a scopo esplicativo:

– L’Idea di un Rinnovamento generale in senso democratico della società italiana che non poteva non coinvolgere anche la cultura e le scelte ”personali” degli stessi artisti.

– L’abbandono della struttura narrativa romanzesca che nel  cinema significava un montaggio alternato, con personaggi che avevano azioni definite (rifiuto del cinema dei telefoni bianchi),le riprese in esterni,la presenza di attori non necessariamente professionisti,la presenza nei film della realtà politica e sociale del paese in un momento di grandi cambiamenti. Realtà guardata sempre con occhio critico, portando alla luce situazioni nascoste dalla comunicazione ufficiale o dominante,il realismo dell’ambientazione ottenuto abbandonando gli studi di posa a favore delle riprese in esterni e girando nei luoghi stessi in cui si svolge l’azione.

– L’adozione di uno stile di tipo documentaristico, un realismo cinematografico che accorda e monta nel taglio dell’inquadratura, nella scelta della ripresa; un vero e proprio ‘’cineocchio’’ di ascendenza sovietica ( cinema documentaristico sovietico) ma che non necessariamente abbandona una narrazione ad intreccio che può coinvolgere il pubblico,la narrazione di vicende ispirate alla vita quotidiana, ai fatti di cronaca attingendo da una ambientazione sociale guardata con spirito di denuncia sociale ma con grande moralità,in particolare l’infanzia o il mondo del lavoro.La teoria del ”Pedinamento” di Zavattini che anticipava il ”Piano sequenza ” poi della “Nouvelle Vague” . La Macchina da presa deve ”Pedinare” il soggetto da riprendere.La fotografia in bianco e nero ,che ricordiamo non è più realista  ma particolarmente espressiva (la realtà non è in b/n) per guardare con un certo occhio alcune storie.Non una scuola ma una atmosfera generale legata agli anni 40 (così ebbe a definire il Neorealismo I.Calvino ). All’interno di queste caratteristiche troviamo però stili propri e diversi per ogni autore .

Ricordiamo infine anche l’importanza del Centro di Cinematografia di Roma, Istituzione voluta dal regime ma  dalla quale uscirono molte idee e nomi di questa tendenza, in particolare ricordiamo le rivista ”Bianco e nero” e ”Cinema” e il ruolo dei critici U.Barbaro e L.Chiarini. Sono questi alcuni elementi che possono definire il neorealismo.Inoltre vi è l’influenza della scuola di montaggio sovietico e del realismo del cinema francese degli anni trenta,influenze della letteratura e del cinema Americano (tra i tanti Chaplin e K.Vidor). Il termine Neorealismo,fu impiegato per la prima volta nel 1943 dal montatore Mario Serandrei in riferimento a ”Ossessione”di Visconti. Serandrei dopo aver visionato le riprese del film, scrive al regista: “Non so come potrei definire questo tipo di cinema se non con l’appellativo di neo-realismo”.(Ma sono molti gli studiosi che spostano il termine ben prima, sia nella letteratura che nel cinema ,in particolare nei film di A.Blasetti, ”1860” un film sulla spedizione garibaldina).

Comunque a partire dalla presentazione,nel 1946,alla prima edizione del Festival di Cannes di ”Roma città aperta”,il nuovo cinema italiano conobbe un successo internazionale senza precedenti. Quella che fu subito chiamata la “scuola italiana” divenne un punto di riferimento obbligatorio per definire i nuovi sviluppi del Linguaggio cinematografico , come in passato lo erano stati L’Espressionismo tedesco o la “Scuola Sovietica” negli anni venti.

Il cinema Neorealista secondo molti ,contribuisce in modo decisivo ad avviare masse di Italiani alla formazione di una nuova identità nazionale dopo le devastazioni della guerra ,alcune scene di Roma città aperta ridanno allo stesso spettatore la coscienza di essere un’entità sociale,capace di scelte e di volontà proprie e soprattutto in sintonia con la collettività.(w.veltroni).Ma anche a far rinascere nel bene e nel male L’industria cinematografica italiana. in verità ciò avvenne-

Prima a livello internazionale: Questi film diedero una certa identità al nostro Paese...continua

Pier Paolo Pasolini_ Il neorealismo (video)

———————————————————————-

Storia del cinema italiano (a.a. 2001-2002)

Prof. Antonio Costa (e mail: costa@muspe.unibo.it) ©
Corso semestrale intensivo. I semestre

Primo ciclo 1. Cinema italiano: i caratteri originali

III SETTIMANA

strumenti per lo studio e per gli approfondimenti


IL NEOREALISMO

1. Introduzione

Il neorealismo è, senza dubbio, il movimento del cinema italiano che ha conquistato maggiori consensi e maggiore fama in tutto il mondo. Ancor oggi, a più di quarant’anni di distanza da una stagione che fu di breve durata, il cinema italiano viene spesso identificato con il neorealismo. Il successo internazionale avuto alcuni anni fa da Nuovo cinema Paradiso (1989) di Giuseppe Tornatore, film cui è toccato anche l’Oscar, si può in parte spiegare, come scrisse Alberto Moravia, con il fatto che viene rievocata, in quel film, un’immagine dell’Italia, provinciale e “stracciona”, che per una larga parte del pubblico internazionale coincide con l’immagine divulgata dal neorealismo….continua

———————————————————————-

Storia del Cinema – Un Nuovo Realismo

da Cinemadelsilenzio.it Rivista di Cinema

I bambini ci guardano – Vittorio De Sica,1943  – Roberto Rossellini – Ossessione – Luchino Visconti,1943
1940 – 1943
Tra il 1940 e il 1942, i successi bellici dell’Italia diedero forza anche al cinema. La legislazione del 1938 aveva creato un’industria dinamica, articolata in oltre una dozzina di poli di produzione e distribuzione, ma l’accorto Freddi (che dal 1941 era presidente dell’ENIC e supervisore di Cinecittà) riportò in vita la Cines come società semigovernativa.…continua

(29 agosto 2008) Gazzetta dello Sport ©

 

———————————————————————-

Pontecorvo e Pasolini Nuovo realismo italiano

Eredi di grandi nomi e grande cinema. A Venezia commuovono i bimbi romeni del figlio di Gillo: «Ma saremo bravi anche con le commedie»
DAL NOSTRO INVIATO FABIO BIANCHI LIDO DI VENEZIA Dodici minuti di applausi. Roba da concerto rock. Alla faccia di Der Spiegel, che ha definito con polemico eufemismo questa Mostra del cinema «patriottica», per aver inserito 4 titoli italiani in concorso. Nell’ attesa di vederli, il primo film di casa nostra sullo schermo del Lido raccoglie consensi e commozione. È Pa-ra-da, di Marco Pontecorvo, nella sezione Orizzonti, storia vera di un clown francese, Miloud Oukili, che per 15 anni ha vissuto e salvato centinaia di boskettari, i bimbi romeni di strada che vivono nelle fogne. Ed è piaciuto molto anche Machan ( Giornate degli autori), di Uberto Pasolini: non parente di Pier Paolo, ma nipote di Luchino Visconti. Debutti Sono opere prime: Pontecorvo, figlio di Gillo, grande direttore qui dal 1992 al 1996, è direttore di fotografia. E Pasolini è produttore: è suo Full Monty, tuttora il film britannico che ha incassato di più. Machan parla di un gruppo di disperati di una bidonville di Colombo (Sri Lanka) che sognano l’ Occidente e cercano di arrivarci grazie a un torneo di pallamano in Baviera. Si ride e si riflette…continua

———————————————————————-

Roberto Rossellini e il Neorealismo
a cura di G.Dipersia e G.Campari

Il brano che segue è ripreso integralmente dal sito web:
© copernicopv.it

Il Neorealismo è un movimento variegato e complesso che ha una linea di fondo riconoscibile in una rappresentazione della realtà nella sua immediatezza quotidiana come a livello documentaristico, che veramente documentaristico non è, in quanto i registi più rappresentatitivi fanno scelte stilistiche raffinate, riferimenti al cinema precedente, selezionando le inquadrature, le immagini, le riprese e non rappresentando quindi la realtà quale essa semplicemente è. …continua

———————————————————————-

IL NEOREALISMO

Istituto Statale di Istruzione Tecnica

Ugo Bassi – Pietro Burgatti ©

via Rigone 1 – 44042 Cento FE

Era una nuova generazione, mossa insieme dalla rabbia e dal progetto: la rabbia contro la guerra, a favore di un rilancio rivoluzionario.

I movimenti studenteschi e operai insorti alla fine degli anni ’60, davanti alla guerra del Vietnam fecero emergere giovani cineasti. Infatti anche se il termine neorealismo si cominciò ad usare alla fine degli anni venti con riferimento alle tendenze artistiche del tempo, chi lo usò in modo nuovo nel 1942 fu il montatore cinematografico per il film “Ossessione” di Lucchino Visconti. Già dopo il 1943 il termine si estese anche nell’ambito letterario con diverse interpretazioni (socialrealismo). Inoltre un nuovo relismo anticipatore si può collocare alla fine degli anni venti con lo scrittore Moravia.

Il neorealismo italiano trova quindi le sue origini assai prima della guerra e della resistenza.

Un momento significativo nell’evoluzione storica del neorealismo è costituito dagli anni 1948/49 in cui due fenomeni, uno storico e l’altro culturale, diedero una svolta a tutto il movimento.

Il fatto storico rilevante è costituito dalle elezioni del 1948 in cui la Democrazia Cristiana ottenne la maggioranza assoluta. Il secondo fenomeno, strettamente connesso al primo è di carattere culturale: se il PC infatti aveva impegnato tutte le energie nella lotta per la Resistenza, consapevole del valore di ideologia nazionale unificatrice, il carattere nuovo del PC fu subito palese nell’attenzione che esso dedicò agl intellettuali. Si può quindi ricondurre tutto alla crescente politicizzazione e socializzazione degli intellettuali che il fascismo promosse nel periodo tra le due guerre. Crollato il fascismo, tale socializzazione spingeva per sua natura verso una larga diffusione del Marxismo. Il fatto più importante, tuttavia, di questo momento culturale fu la pubblicazione dei “quaderni del carcere” di A. Gramsci, portata a termine tra il 1947 e il 1951.

Gramsci invitava gli intellettuali a calarsi nella realtà del paese, a dare vita ad una nuova letteratura, a promuovere una riforma intellettuale e civile della società italiana schierandosi dalla parte delle classi subalterne. Perciò la cultura italiana doveva rinnovarsi e stabilire un rapporto di ispirazione e di destinazione con le masse popolari. Entrambi i fenomeni di cui si è parlato hanno contribuito dunque a trasformare l’iniziale realismo spontaneo in un neorealismo ideologicamente orientato e consapevole che troverà le sue espressioni più significative nelle “Terre del sacramento” di Jovine e nel “Metello” di Pratolini.

“L’essere usciti da una esperienza che non aveva risparmiato nessuno, ristabiliva un’immediatezza di comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico: si era carichi di storie da raccontare. La rinata libertà di parlare fu per la gente il principio cardine per raccontare tutte le loro vicissitudini”. Così afferma Italo Calvino….continua

———————————————————————-

I FILM DEL NEOREALISMO: spunti di riflessione

image

Roma città aperta è con Paisà (1946) e Germania anno zero (1948) il primo frammento di una trilogia rosselliniana incentrata sulla guerra. Basata su un’intuizione assai semplice, che tende a restituire al cinema la  purezza e l’elementarità che esso aveva smarrito nei lunghi anni di corruzione del fascismo e della guerra, questa pellicola fu realizzata nei primi mesi del 1945 a partire da un soggetto di stampo documentaristico incentrato sulla figura di don Morosini, un prete di borgata ucciso dai nazisti nel 1944. Cresciuto in fase di sceneggiatura fino a divenire un soggetto di dimensioni normali, tanto che l’episodio della fucilazione del prete, che costituiva il nucleo centrale del documentario originale, si risolve nel finale drammatico d’un racconto corale, questo film illustra la presa di coscienza collettiva della lotta resistenziale attraverso la definizione del suo orizzonte ideologico e umano. Sullo sfondo di un periodo storico ben definito (l’occupazione tedesca) Rossellini delinea il quadro di una narrazione  in cui l’elevarsi della cronaca a Storia si realizza attraverso l’osservazione e la rappresentazione della vita quotidiana. L’affresco corale presentato, in cui i fatti si propongono per quel che sono senza fronzoli o abbellimenti, confonde e sovrappone la storia di ogni individuo con quella della città, assunta, esattamente come i vari personaggi, al ruolo di protagonista della vicenda. Come ebbe a dire lo stesso regista nel 1976, Roma città aperta è un film sull’ovvio, laddove con questa parola si deve intendere il coraggio di esibire la realtà cosi come essa si concede alla cinepresa, non tralasciando nessun particolare, nemmeno il più imbarazzante e scabroso. Una volta recuperata l’antica purezza di sguardo la macchina da presa neorealista non può più schermirsi dietro delle false ipocrisie, ma deve invece inchinarsi all’imprescindibile necessita di registrare tutti quei fatti che il mondo quotidianamente mette sotto gli occhi di ognuno. Di qui la tanto vituperata scelta di riprendere anche un bambino sul pitale; scelta non dovuta a motivazioni sensazionalistiche, ma piuttosto al fatto di voler “trasmettere il senso dell’ovvio, per portare l’essere umano il più possibile vicino alla realtà”. Come risulta da questa affermazione il cammino estetico rosselliniano risponde qui al bisogno di scovare l’eroismo nelle pieghe irrisolte del quotidiano, mostrando al contempo la rilevanza “storica” di episodi e personaggi, persino i più minuti, che la cinepresa si dispone a registrare. In questa prospettiva non e  più  la macchina da presa che sceglie la porzione di realtà da riprendere, ma e piuttosto la realtà nelle sue infinite e molteplici sfaccettature a scegliere e a imporsi allo sguardo con la sua straordinaria autoevidenza.…continua

———————————————————————-

SPECIALE SU PIER PAOLO PASOLINI

L’intervento dello storico del cinema Fernaldo Di Giammatteo

(http://www.bitbar.it/leggi.php?categoria=protagonisti&rif=15)

Nel 30° della morte, vengono riproposti, dagli atti delle conferenze tenute in Valdarno nel 1985, in occasione del decennale della morte di Pier Paolo Pasolini, a cura di Massimo Palazzeschi, assessore dell’Associazione Intercomunale n.20/A Valdarno Superiore Sud, due interventi di particolare valore:

L’intervento dello storico del cinema Fernaldo Di Giammatteo sul cinema di Pasolini: da “Accattone” a “Salò”, passando per “Uccellacci e uccellini”.

Pasolini era un uomo fragile che rifiutava la sua fragilità e che si convinse a poco a poco di essere molto forte. Allora sfidò i potenti, sfidò tutti coloro che gli stavano intorno, per nascondere quella che era una sua profonda, connaturata debolezza. Aveva avviato la sua vita su binari che gli sembravano (come poi disse) fuori della comune convivenza degli uomini. Era omosessuale e ne soffriva come di una lacerazione profonda. C’è una poesia alla madre in cui tutto è messo a fuoco in modo perfetto: quasi un grido, non solo di dolore ma di accusa nei confronti della madre. Dice: sei tu la colpevole della mia condizione. continua>

———————————————————————-

“Pagine corsare”

Cinema

Il Pigneto e il Neorealismo

Film girati a Roma-Pigneto

http://www.bandb-rome.it/

Per la sua anima popolare e proletaria il Pigneto (e l’intera zona sud orientale di Roma Prenestino, Casilino e Tuscolano) fu particolarmente amato dai neorealisti che lo scelsero come scenario per molti importanti film : Roma Città Aperta, Bellissima, Il ferroviere, Il tetto, L’audace colpo dei soliti ignoti, Il Gobbo“, Accattone, Un borghese piccolo piccolo, Ultrà, Nestore, l’ultima corsa… continua>

———————————————————————-

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *